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I Riti della "Settimana Santa"in provincia di Ragusa

 

A Comiso i festeggiamenti della Settimana pasquale si svolgono attraverso dei riti sacri di origine cristiana durante i quali si rievoca la passione di Cristo, la morte e la resurrezione, molto sentiti dalla cittadinanza locale. Il mercoledì santo ha luogo una solenne Processione che parte dalla Chiesa madre e compie tre giri, di cui il primo, che si svolge vicino alla chiesa di S.Biagio è dedicato ai sacerdoti, il secondo alla confraternita di Maria SS. Addolorata ed il terzo alla Congregazione del SS. Sacramento. Il venerdì santo viene invece organizzata una seconda processione, durante la quale vengono portati per le vie della città il simulacro del Cristo Morto e della Maria addolorata. Durante i giorni di sabato, domenica e lunedì di Pasqua le campane suonano a festa per celebrare la resurrezione del Cristo, in quei giorni ricorre anche la festa di Maria Annunziata, che viene quindi ricompresa nei festeggiamenti pasquali. Durante la giornata di sabato santo la statua della Madonna viene prelevata dall’interno della chiesa e portata in processione insieme al simulacro di Cristo,in un corteo religioso conosciuto come la pace. Le due effigi sono così trasportate in una piazza e disposte l’una di fronte all’altra, poi, mentre i fedeli esultano si ricongiungono, un rito che viene compiuto più volte durante la festa. I festeggiamenti raggiungono il culmine quando l’incontro delle due statue avviene nella piazza fonte Diana, accompagnato dal suono delle campane in festa, dopodiché esse vengono riposte nelle rispettive chiese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ispica, di grande suggestione è la processione del giovedì santo,  quando “Culonna”,Gesù legato ad una colonna tra due aguzzini, per una notte intera percorre la cittadina. Una festa corale che sa calamitare l’intera popolazione, turisti ed emigranti che tornano per poter rendere omaggio “o patri a colonna”. Già dal mattino, spari di mortaretti e fuochi artificiali annunciano l’inizio della festa. Giovani,meno giovani,famiglie si avviano verso la Cava, vecchia dimora del Cristo alla Colonna in un pellegrinaggio penitenziale. Ed è qui che ha inizio il rito della Via Crucis: i fedeli con le fiaccole accese illuminano i tornanti della montagna rocciosa fino a raggiungere davanti alla basilica di S.Maria il barocco portico del Sinatra, dove avviene la Crocifissione. Siamo già alle 6.00 quando ha inizio "a raputa re porti", cioè si apre il portne della chiesa e gli ispicesi corrono verso l'altare del Cristo alla Colonna velato scalze o in ginocchio avanzano verso l'altare portando i doni di cera comprati per offrirli in segno di grazie ricevute. Tale sfilata di fedeli, tra l'ininterrotto suono delle campane, dura fino alle ore undici, quando inizia a "a scinnuta" La statua di Gesù legato alla colonna viene posta sul fercolo ,mentre la folla erompe in un grido che è un misto di gioia dolore fede e commozione di "Culonna!" ordinatamente si sfila per baciare le reliquie dell'altare continua fino alle 16 ora della "a sciuta", quando cioè i portatori “i cavari” riuniti in confraternite portano in processione per le vie della città il simulacro, mentre due bande musicali si alternano nell'esecuzione di marce funebri. Sfilano gli stendardi di tutte le parrocchie di Ispica ultimo, in segno d'onore, quello dell'Annunziata, l’altra chiesa più importante della città che sarà protagonista della processione del venerdì santo con la statua di Cristo piegato sotto la croce “Cruci”.Momento culmine della serata è "u 'ncuontru" cioè l'incontro di “Culonna” con la statua dell'Addolorata, che si inchina tre volte a baciare i piedi del Figlio e poi si dispone dietro per seguirlo fino davanti alla chiesa dell'Annunziata. Qui la statua di Maria viene disposta davanti al Cristo mentre un'artistica fiaccolata è il segno del saluto e del commiato dal figlio sofferente. Il tutto tra due ali di folla commossa e devota.Intorno alle ore 23 inizia la lenta salita dalla via XX Settembre, fino alla basilica di S.Maria. Il tragitto viene percorso dai portatori facendo tre passi avanti e due indietro, una danza che si prolunga fino ad oltre la mezzanotte quando iniziano "i gira", cioè il simulacro viene fatto girare per tre volte tra le navate laterali prima di essere deposto nella sua nicchia. Quest’ultima tradizione risale al 1800 quando a motivo di abusi e di disordini tra gli appartenenti alla chiesa di S.Maria “i cavari” e i fedeli della chiesa dell’Annunziata “i nunziatari”, fu proibita la processione all'esterno e il “Padre alla colonna” compiva la sua processione all’interno della basilica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Modica, la Madonna "vasa" e benedice. L’appuntamento pasquale per eccellenza della contea modicana, già noto e festeggiato nel 1600, è l’incontro infatti tra il Cristo risorto e la Madonna, che si conclude con il bacio della madre al figlio in piazza Monumento. Già dal primo mattino del giorno di Pasqua, mani sapienti ed esperte "allestiscono" la statua del Cristo Risorto presso la chiesa di S. Maria, mentre altri fedeli si prendono cura del simulacro della Madonna, vestendola a lutto sopra una splendida veste azzurra; all’interno della chiesa del Carmine. Le due statue durante l’ora che precede mezzogiorno, portate a spalla dai devoti, girano per la città: la madre cerca il figlio dopo l’annuncio della sua scomparsa dal sepolcro, mentre il corso Umberto I si riempie di una folla festante gioiosa.A mezzogiorno “u ncuontru” , un momento toccante e altamente suggestivo, accompagnato da un incessante scampanio e dal volo di diverse colombe, nelle cui acrobazie i contadini erano soliti leggere gli auspici per l’annata.A questo punto la Madonna, alla vista del Figlio, allarga le braccia perdendo il manto nero, così da scoprire uno sfolgorante abito azzurro e si china a baciare le ferite sul costato di Cristo. Da qui l’appellativo “Madonna Vasa Vasa”. La rappresentazione modicana assume una carica di grande realismo, grazie alle manovre esperte di un operatore nascosto sotto la base del simulacro, il famoso Mimì Sortino che fa muovere le braccia snodabili della statua, simulando persino la benedizione alla folla esultante. Colpi di cannone a salve, mortaretti fuochi d’artifico e lacrime per un rito che ricorda la gioia di un incontro oltre i limiti del terreno e forse il desiderio che sull’affetto la morte non può averla vinta. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A  Scicli, le celebrazioni dedicate all' "Uomo Vivo", sono costituite da 2 processioni; la prima si svolge la mattina, quando il SS. Sacramento è portato per le vie della città, fino alla chiesa di S. Maria La Nova dove viene sostituito con il simulacro di Gesù risorto, protagonista della seconda processione fino alla chiesa del Carmine dove resterà per qualche ora, in attesa della solenne uscita del pomeriggio. Infatti intorno alle 17 un numerosissimo gruppo di giovani s'impossessa della statua lignea del Cristo Risorto, comunemente chiamato "Gioia" .Sollevando energicamente alla massima altezza le aste della portantina con le braccia levate, gridano ripetutamente tutti insieme: Gioia! Gioia! Gioia! Un rito inquietante, sublime,carico di vitalità e dai contorni quasi irreali. Per più di un'ora, dentro la chiesa, i giovani, a brevi e regolari intervalli, continuano a sollevare la statua, sbilanciandola lateralmente, in avanti, indietro, gridando sempre in coro: Gioia! Gioia! Gioia! È impressionante ciò che succede. Essi improvvisano, giocano, si urtano, ridono con intima e totale partecipazione. Con ritmo frenetico il simulacro viene portato per le vie di Scicli, avvolto in una montagna di fiori. E intanto viene spinto in alto e in basso, avanti e indietro, e in ogni direzione, secondo il capriccio e l'estro dei giovani portatori. Il giro per le vie cittadine è accompagnato dalle bande musicali che eseguono marce movimentatissime, sotto una pioggia di fiori gettati dai balconi delle case e in una tempesta di spari assordanti provenienti dal colle di San Matteo. E’ un rito pasquale ma anche una celebrazione primordiale, della forza e della gioia della vita, come negli antichi riti agrari, i cui valori, nella festa di Scicli, sono stati ereditati e consacrati cristianamente.

 

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